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Comunicati stampa

Disciplina delle azioni proprie nel consolidato fiscale: chiarimenti 2019

Disciplina delle azioni proprie nel consolidato fiscale: nuova risposta dell'Agenzia delle Entrate sulla tassazione di gruppo

 

Chiarimenti in merito alla disciplina delle azioni proprie nel consolidato fiscale sono state forniti nella risposta 20 del 31 gennaio 2019.

 Com'è noto l'esercizio dell'opzione per la tassazione di gruppo esige, ai fini della relativa validità, che il soggetto controllante possegga una partecipazione nella società che intende consolidare che sia espressiva di un rapporto di "controllo rilevante", vale a dire un controllo assistito dai requisiti previsti dagli articoli 117 e 120 del TUIR. La partecipazione si considera "rilevante" agli effetti dell'opzione quando, congiuntamente:

  1. esiste un rapporto di controllo c.d. "di diritto", ai sensi dell'articolo 2359, comma 1, n. 1), del codice civile (espressamente richiamato dall'articolo 117, comma 1, del TUIR);
  2. viene superata la soglia del 50% nella "partecipazione al capitale sociale"  e nella "partecipazione dell'utile di bilancio".

 

Entrambe le soglie devono essere rispettate contemporaneamente sia per la validità dell'opzione che per la permanenza nel regime per tutto il triennio.

Per verificare se la partecipazione nella controllata di diritto attribuisce alla controllante una partecipazione al capitale sociale superiore al 50% è necessario che il rapporto tra la "partecipazione al capitale sociale" detenuta dal soggetto controllante (da porre al numeratore) e "il capitale sociale di riferimento" della partecipata (da porre al denominatore) sia superiore al 50%. La metodologia è la stessa per determinare la soglia di partecipazione agli utili.

In caso di possesso di azioni proprie da parte della società partecipata, occorre stabilire se dette azioni possano o meno essere considerate alla stregua delle "azioni prive del diritto di voto" atteso che l'esercizio del diritto di voto relativo alle azioni proprie è sospeso. Ciò premesso, si ritiene che possano essere considerate azioni prive del diritto di voto tutte le azioni non assistite da un diritto di voto pieno ed esercitabile, la scrivente considera le "azioni proprie" nella previsione di esclusione di cui all'articolo 120, comma 1, lettere a) e b), del TUIR.

In particolare, elemento sostanziale da tenere in conto è quello letterale presente nell'articolo 120 del TUIR che fa riferimento all'aggettivo "esercitabile" riferito al diritto di voto, applicabile anche in materia di azioni proprie il cui diritto di voto è sospeso e quindi non esercitabile nell'assemblea ordinaria da alcuno dei soci. Queste, pertanto, al pari delle azioni prive del diritto di voto, non vanno incluse né nel denominatore né nel numeratore del rapporto partecipativo. Stesse considerazioni valgono, ad avviso della scrivente, con riferimento alle azioni della controllante possedute dalle controllate. 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Agenzia delle Entrate

 

Servizi catastali e ipotecari: da oggi nuove modalità di pagamento

Servizi ipo-catastali Agenzia delle Entrate 2019: dal 1° febbraio 2019 novità per chi paga allo sportello

 

 

Nuova modalità di pagamento per i servizi ipotecari e catastali dell'Agenzia delle Entrate. Come si legge nel comunicato stampa del 1° febbraio 2019, con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 giugno 2017 sono state ampliate le modalità di pagamento dei servizi resi in ambito catastale ed ipotecario anche attraverso ulteriori strumenti di pagamento alternativi al contante ovvero:

  • carte di debito o prepagate,
  • marca servizi,
  • F24 Elide
  • altri strumenti di pagamento elettronico.

 

A completamento delle modifiche previste dallo stesso provvedimento, da oggi, 1° febbraio 2019, le somme preventivamente versate con modalità telematiche sul conto corrente unico nazionale (“castelletti”), sono rese disponibili, per gli utenti convenzionati ai servizi telematici di presentazione documenti catastali o di consultazione ipocatastale, anche per il pagamento dei servizi resi allo sportello degli Uffici Provinciali-Territorio dell’Agenzia delle Entrate.
Gli utenti potranno fruire del servizio, previa opportuna profilazione per sé e per i propri delegati, grazie ad un codice monouso fornito dal sistema telematico al momento della richiesta all'ufficio.

 

Si ricorda che l’accesso telematico alla consultazione delle banche dati catastali e ipotecarie è soggetto al pagamento dei tributi catastali e ipotecari. Il versamento di tali importi avviene tramite un castelletto nazionale, deposito a scalare costituito anticipatamente dal Responsabile del collegamento sul conto corrente nazionale dell’Agenzia, da cui il sistema scala gli importi corrispondenti ai tributi dovuti. Le somme giacenti possono essere chieste a rimborso, in qualsiasi momento, dal Responsabile della gestione del collegamento censito a sistema attraverso le funzioni presenti nella sezione --> “Gestione Contabile” voce --> “Gestione Rimborsi” della piattaforma SISTER. Le funzioni consentono di effettuare la richiesta, annullarla, e visualizzarne lo stato di lavorazione in istruttoria da parte dell’Agenzia. A seguito di richiesta di rimborso totale viene azzerata la somma disponibile sul castelletto.

 

Gli utenti titolari di diverse convenzioni di consultazione ovvero di abilitazione ai servizi telematici di Presentazione Documenti possono operare spostamenti di somme tra i diversi depositi nazionali operando attraverso le funzioni presenti nella sezione “Gestione Contabile” voce --> “Spostamento somme da castelletti” della piattaforma SISTER. Il sistema dà evidenza dei castelletti a disposizione del Responsabile di collegamento su cui poter effettuare gli spostamenti.

 

In generale, gli utenti convenzionati ai servizi telematici di presentazione documenti catastali e/o per i servizi di consultazione ipocatastale possono utilizzare le somme preventivamente versate sul conto corrente unico nazionale (“castelletti”) anche per il pagamento dei servizi - pdf resi allo sportello degli Uffici Provinciali-Territorio dell’Agenzia delle Entrate.  Il pagamento avviene tramite l'utilizzo di un codice monouso fornito dal sistema telematico al momento della richiesta allo sportello dell’Ufficio. Per utilizzare il deposito, gli utenti devono completare la profilazione per sé e/o per i propri delegati indicando, per ciascuno dei soggetti interessati, il canale (e-mail o SMS) tramite il quale ricevere la notifica dei codici monouso per autorizzare le singole transazioni di addebito.

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Agenzia delle Entrate

La responsabilità del professionista che aiuta ad evadere le imposte

Commercialista sospeso dalla professione se suggerisce all'imprenditore scappatoie evasive: Corte Cassazione sentenza n. 50065 del 06/11/2018

 

 

Tra le misure cautelari interdittive previste nel nostro ordinamento è presente anche il “Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali”. Tale divieto, che viene appunto applicato provvisoriamente a scopo cautelare, è stato recentemente comminato ad un commercialista reo di aver ideato complesse operazioni commerciali illecite poste in essere da un imprenditore.

 

Divieto temporaneo di esercitare attività professionali o imprenditoriali

 

Come previsto dall’art. 287 c.p.p., le misure interdittive possono essere applicate solo quando si procede per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

Tra le misure cautelari di questo tipo, il nostro ordinamento prevede:
• “Sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori” (art. 288 c.p.p.),
• “Sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio” (art. 289 c.p.p.),
• “Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali” (art. 290 c.p.p.).

Il citato art. 290 c.p.p.. cita espressamente:

“1. Con il provvedimento che dispone il divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.

2. Qualora si proceda per un delitto contro l'incolumità pubblica o contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio ovvero per alcuno dei delitti previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi o dagli articoli 353, 355, 373, 380 e 381 del codice penale, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1”.

L’applicazione di una misura cautelare interdittiva, come il divieto previsto dall’art. 290 c.p.p., risponde all’esigenza di evitare l’inquinamento probatorio e la reiterazione del reato. Non risponde invece, come è facile intuire, alla necessità di evitare il pericolo di fuga, atteso che in questo caso verrebbe applicata una misura coercitiva, come gli arresti domiciliari o la custodia in carcere.

 

Misura sospensiva comminata al commercialista

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 50065 del 06 novembre 2018, ha recentemente affrontato il caso di un commercialista a cui è stata comminata la menzionata misura cautelare del “Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali”, quindi in sostanza una sospensione dall'attività professionale per un periodo limitato, nello specifico per la durata massima prevista per questa misura pari a 12 mesi.

Il ricorso presentato dal professionista dinanzi al supremo consesso vedeva appunto quest’ultimo chiedere la disapplicazione della misura del divieto ad esercitare l’attività professionale applicata dal Tribunale del riesame di Bologna.

I giudici avevano accolto l’appello proposto dal Pubblico Ministero del Tribunale di Forlì, secondo il quale il commercialista aveva proattivamente partecipato a reati posti in essere da un imprenditore, con il quale il professionista era in stretti rapporti.
I reati ascritti al commercialista in concorso erano “intestazione fittizia” e “autoriciclaggio”.

Nonostante le tesi difensive, i giudici della Cassazione hanno ritenuto che la misura cautelare del divieto temporaneo ad esercitare l’attività professionale fosse stata correttamente comminata, ciò in quanto dagli atti risultava inequivocabile il ruolo del commercialista in questione di “suggeritore” degli schemi evasivi perpetrati dall'imprenditore.

Inoltre la Suprema Corte ha specificato che la misura cautelare adottata va rapportata alla professione svolta dal ricorrente e alla natura dei reati contestati, che sono stati ideati ed attuati dal commercialista proprio in virtù della sua preparazione professionale.

Quindi, ha proseguito la Corte, non nel caso di specie non si è trattato dell’opera di un “quisque de populo”, bensì dell’opera di un professionista che, attingendo al proprio bagaglio professionale, aveva consigliato all’imprenditore i sotterfugi per sottrarsi agli obblighi di legge.

In conclusione la Suprema Corte ha riconosciuto corretto il percorso logico-argomentativo del Tribunale del riesame di Bologna e quindi l’applicazione della misura cautelare di cui all’art. 290 c.p.p., condannando inoltre il commercialista anche al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende di un importo di € 2.000.

 

 

 

 

 

 

Fonte: Fisco e Tasse