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Comunicati stampa

 

Spese detraibili solo se tracciabili: per i CAF deve intervenire il MEF

Spese detraibili in dichiarazione solo se effettuate con strumenti tracciabili: la consulta nazionale dei CAF chiede un intervento del MEF

 

 

Con un comunicato stampa del 22 gennaio, la Consulta Nazionale dei CAF ha chiesto chiarimenti in merito alla detraibilità di molte spese nelle dichiarazione dei redditi, solo se effettuate con strumenti tracciabili. La legge di Bilancio 2020 (L.160/2019) ha introdotto una importante nuova norma che prevede l’obbligo, a partire dal 1° gennaio 2020, di utilizzare sistemi tracciabili come

  • bancomat,
  • carta di credito,
  • carte prepagate,
  • assegno,
  • versamento bancario o postale

 per pagare le spese da portare in detrazione al 19% nella dichiarazione dei redditi. Unica eccezione prevista ruguarda le spese per l’acquisto dei medicinali, dispositivi medici e per le prestazioni rese da strutture del Sistema Sanitario Nazionale (pubbliche o accreditate). (Si rimanda alla lettura dell'articolo Spese detraibili 2020 in dichiarazione: tutte le regole della tracciabilità). 

Si tratta delle spese che andranno conteggiate nel modello 730 del 2021, in riferimento ai redditi 2020.

Come evidenziato nel comunicato "Per evitare possibili criticità non risolvibili al momento della presentazione delle dichiarazioni dei redditi – concludono i coordinatori della Consulta Nazionale dei CAF - servono indicazioni chiare da parte  dell’Amministrazione sul nuovo regime  in particolare per quanto riguarda

  • la tipologia di spese incluse o escluse dalla nuova norma
  • documentazione necessaria(estratti conto carte di credito, ecc),

anche considerando l’opportunità di salvaguardare tutti quei contribuenti che non hanno applicato tempestivamente le nuove disposizioni, in virtù di quanto sancito dallo Statuto dei Diritti dei Contribuenti e in coerenza con quanto accaduto in altre situazioni».

È per questo che la Consulta CAF ha deciso di chiedere un immediato intervento al Ministero dell’Economia e delle Finanze per ristabilire una condizione che agevoli i cittadini, soprattutto dipendenti e pensionati, per evitare loro, in veste di contribuenti, molti e diversi malintesi , tali da compromettere il naturale corso dell’esercizio del diritto all’accesso alle agevolazioni fiscali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 24/01/2020

Fonte: Fisco e Tasse

 

 

 

Detrazione IVA fatture fine anno: polemiche dai commercialisti

Detrazione IVA fattura a cavallo d'anno: i professionisti minacciano denuncia alla Commissione Europea se nel milleproroghe non ci saranno modifiche

 

 

Con un comunicato stampa del 21 gennaio 2020, i professionisti tramite ANC (Associazione Nazionale Commercialisti) e CONFIMI ( Confederazione dell'industria manufatturiera italiana e dell'impresa privata) hanno lamentato la disciplina prevista ai fini IVA per le fatture di fine anno.

Infatti, per il terzo anno consecutivo, con l’ultima liquidazione Iva dell’anno, gli operatori si sono dovuti misurare con le conseguenze derivanti da una normativa sulla detrazione particolarmente irrazionale. La Circolare n.1/E/2018 dell’Agenzia delle Entrate ha reinterpretato – secondi i canoni comunitari – gli articoli 19 e 25 del DPR n. 632/72, sancendo che la detrazione Iva è esercitabile in presenza di due condizioni:

  1. l’imposta sia relativa ad operazioni effettuate (ex art.167 Direttiva 2006/112/CE);
  2. le operazioni risultino documentate dal possesso di regolare fattura.

Il tutto, al più tardi, con la presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i suddetti presupposti.

La Commissione UE ha confermato che gli Stati possono “esigere che il diritto a detrazione sia esercitato durante il periodo in cui è sorto” (c.d. principio della detrazione immediata), fermo restando che il precedente termine biennale non sarebbe in contrasto con la direttiva e che con la riduzione del termine biennale, disposta dal DL n. 50/2017, l’esercizio del diritto a detrazione non dovrebbe essere eccessivamente difficile o oneroso per un contribuente sufficientemente diligente, “purché le modalità di tale esercizio si iscrivano nelle disposizioni della direttiva 2006/112/CE, come nella fattispecie”.

Rispetto al requisito formale del possesso della fattura, le modifiche introdotte con il collegato fiscale alla Legge di bilancio 2019 (DL 119/2018) del dPR n.100/98 hanno sancito la possibilità di retroimputare al mese di effettuazione l’Iva le fatture ricevute in tempo utile e precisamente entro il 15 del mese successivo. Con dette modifiche il legislatore ha tuttavia escluso detta possibilità “per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell’anno precedente” ossia per le fatture arrivate nei primi giorni dell’anno successivo.

È chiaro, dunque, che il principio della retro imputazione non contrasta con i principi unionali: a confermarlo anche la comunicazione della Commissione UE (TAXUD C3 D(2018)6177124 del 13/11/2018) che contiene l’invito a presentare una nuova denuncia laddove, nonostante la modifica introdotta dal DL 119, si dovessero ancora “nutrire dubbi riguardo alla compatibilità del dPR 100/98 con il diritto dell’UE”. Dubbio, come detto, definitivamente rimosso.

Il problema che si pone, semmai è se questo principio possa funzionare solo per 11 mesi su 12 e se sia pertanto lecito, secondo i canoni comunitari, che il legislatore introduca l’eccezione che si abbatte sulle fatture arrivate dal 1 al 15 gennaio dell’anno successivo. Non è possibile che, sulla stessa cosa, le regole funzionino per 11 mesi in un modo e a fine anno (fatture che arrivano a gennaio successivo) in un altro. Non vi sono motivi, se non quelli di voler far cassa giocando sulle differenze temporanee dei flussi ma il principio di neutralità vieta che l’Iva gravi sugli operatori intermedi.

Il comunicato termina chiarendo che per ora i professionisti attenderanno la conversione del milleproroghe dopodiché, se non arriveranno soluzioni si rivolgeranno con denuncia alla Commissione UE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 23/01/2020

Fonte: Fisco e Tasse

 

Debiti: ecco quando eliminarli dalla contabilità

Eliminazione contabile di un debito: chiarimenti del CNDCEC nei casi di cambio di controparte, di forma giuridica o della valuta

 

   

 

Nella Newsletter del CNDCEC del 19 dicembre 2019 (pubblicata il 14 gennaio 2020) è contenuta una bozza di risposta ad una richiesta di chiarimento in merito all’eliminazione contabile di un debito (trattato nell'OIC 19 al paragrafo 73). Si segnala che è possibile fornire eventuali osservazioni su tale bozza di risposta entro il 14 febbraio 2020 all'indirizzo mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Entrando nel merito, nella richiesta di chiarimenti è stato chiesto all'OIC di precisare se diano luogo all’eliminazione contabile del debito:

  • il cambio della controparte (ad esempio in caso di cessione del credito),
  • la modifica della forma giuridica del debito (ad esempio da finanziamento a titolo obbligazionario)
  • il cambio della valuta .

Il principio contabile prevede che, in linea generale, la società possa eliminare in tutto o in parte il debito dal bilancio "quando l’obbligazione contrattuale e/o legale risulta estinta per adempimento o altra causa, o trasferita". Quindi come criterio generale ai fini dell'eliminazione del debito nel bilancio di esercizio vale l'estinzione dell'obbligazione.  

Successivamente, lo stesso OIC 19 prevede che “l’estinzione di un debito e l’emissione di un nuovo debito verso la stessa controparte determina l’eliminazione contabile se i termini contrattuali del debito originario differiscono in maniera sostanziale da quelli del debito emesso.". In questi casi quindi, ai fini dell'eliminazione del debito dal bilancio è necessario un cambio sostanziale dei termini contrattuali. In particolare, l'OIC continua chiarendo che "quando, in costanza del medesimo debito, vi sia una variazione sostanziale dei termini contrattuali del debito esistente o di parte dello stesso, attribuibile o meno alla difficoltà finanziaria del debitore (..) contabilmente si procede all’eliminazione del debito originario con contestuale rilevazione di un nuovo debito.”.

Per rispondere alle domande quindi:

  • il cambio di controparte non dovuta all’estinzione della precedente obbligazione, come nel caso di cessione del credito a terzi è possibile procedere all’eliminazione contabile del debito solo se la modifica contrattuale determina un sostanziale effetto sulle previsioni dei flussi futuri di cassa connessi al debito.
  • nel caso di cambio di forma giuridica ad esempio per estinzione del debito da finanziamento e successiva emissione di un titolo obbligazionario, rileva il cambio o meno della controparte.
  • nel caso di cambio di valuta andranno valutati gli effetti sostanziali sui flussi futuri di cassa connessi al debito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 20/01/2020

Fonte: Fisco e Tasse