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Notizie

Legge di bilancio 2020: cedolare secca al 10%

Legge di bilancio 2020: salva la cedolare secca al 10% per i contratti a canone concordato

 

 

Uno dei primi articoli della Legge di bilancio 2020, almeno secondo il testo bollinato lo scorso 2 novembre dalla Ragioneria dello Stato, contiene un'ottima notizia cioè la proroga della cedolaren secca al 10% per i contratti di locazione a canone concordato. Si ricorda che in generale, la cedolare secca è un regime facoltativo che consente di sostituire l’irpef e le relative addizionali, l’imposta di registro e l’imposta di bollo con il pagamento di un’imposta sostitutiva. Questa facoltà riguarda le persone fisiche, titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento di un immobile che danno in locazione fuori dall’esercizio di attività di impresa, arti e professioni. Nel caso in cui il locatore opti per la cedolare secca:

  • il locatore applica sul totale dei canoni di locazione un’imposta sostitutiva;
  • i redditi da locazione non sono più rilevanti ai fini Irpef (ma vanno comunque indicati in dichiarazione ai fini del riconoscimento di benefici collegati al possesso di requisiti reddituali; come per esempio la determinazione dell’Isee). 

Ma andiamo con ordine. L'aliquota prevista per l'imposta sostitutiva cd. cedolare secca "a regime" cioè senza riduzioni, sarebbe del 15% ma nel 2014 era stata ridotta al 10%, e la Legge di Bilancio 2018 aveva prorogato l'aliquota ridotta del 10% anche per il biennio 2018-2019.

Al termine di quest'anno, quindi, l'aliquota sarebbe dovuta tornare al 15%, così il Governo aveva provato una via intermedia : introdurre "a regime" l'aliquota sulla cedolare secca dei canoni concordati al 12,5%. Le polemiche a quel punto erano state molto forti. Così,  ora l'articolo 3 del DDL di Bilancio modifica direttamente l'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, al fine di ridurre dal 15 al 10% "a regime" la misura dell'aliquota della cedolare secca da applicare: 

  • ai canoni derivanti dai contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati ai sensi degli articoli 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (contratti a canone "concordato"),
  • relativi ad abitazioni ubicate nei comuni ad alta densità abitativa. 

 

Si ricorda che l'aliquota della cedolare secca da applicare agli affitti a canone libero è , e rimane al 21%.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 08/11/2019

Fonte: Fisco e Tasse

Forfettari 2020: cambia tutto

Legge di bilancio 2020: regime dei costi analitico e non più forfettario, conto corrente dedicato alla professione, reintroduzione dei limiti per il personale e per i beni

 

 

Non trovano pace coloro che hanno aderito al regime forfettario. Dopo le numerose e sostanziali modifiche che la Legge di bilancio 2019 aveva previsto per questo regime, la manovra finanziaria 2020 rimette pesantemente mano al regime dei contribuenti minori. Stando alle bozze della manovra in circolazione, le misure allo studio del Governo sono le seguenti:

  1. introduzione del regime analitico per la determinazione del reddito in base ai costi e ai ricavi effettivi. Questa modifica è piuttosto pesante perché comporta che i contribuenti forfettari, che finora non erano tenuti a conservare i documenti delle spese in quanto i costi venivano loro imputati sulla base di una percentuale prestabilita in maniera forfettaria in base all'attività svolta, appunto, debbano invece tenere un minimo di contabilità conservando tutti i documenti inerenti al sostenimento dei costi quanto meno per la determinazione del reddito. Per ora rimangono almeno esonerati dall'obbligo di conservazione della fatture e di tenuta dei registri contabili.
  2. obbligo del conto corrente dedicato alla professione: introdotto l'obbligo di aprire un conto corrente dedicato all'attività professionale e imprenditoriale in regime forfettario dove far transitare incassi/costi dell'attività;
  3. reintroduzione del limite di 30.000 euro da lavoro dipendente come causa ostativa al regime forfettario,
  4. reintroduzione del limite di 20.000 euro per l'acquisto di beni strumentali
  5. reintroduzione del limite di 5.000 euro di compensi massimi corrisposti a dipendenti e collaboratori.

Questo il quadro del cambio di rotta sul regime forfettario, ma come sempre, tra annunci e smentite, conviene aspettare di vedere i testi definitivi delle norme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 16/10/2019

Fonte: Fisco e Tasse

 

Riscatto previdenza integrativa agevolato anche per la PA

Sentenza Corte costituzionale 218 2019 sull'incostituzionalità del diverso trattamento tributario tra dipendenti pubblici e privati sul riscatto di fondi di previdenza complementare

 

 

Nei casi di riscatto di quanto versato al fondo di previdenza complementare l' agevolazione fiscale  prevista per i privati deve essere estesa anche ai dipendenti pubblici
E' quanto ha stabilito la Corte Costituzionale la Sentenza n. 218 del 3 ottobre 2019  che affermato l’incostituzionalità  del diverso  trattamento tributario  che si è creato tra dipendenti pubblici e privati,  riguardo la possibilità di riscattare una posizione individuale maturata tra il 2007 e il 2017,  presso una forma di previdenza complementare.

 La questione legittimità costituzionale era stata posta dalla Commissione tributaria provinciale di  Vicenza  riguardo l’art. 23, comma 6, del decreto legislativo 5
dicembre 2005, n. 252 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari), in relazione all’art. 52, comma 1, lettera d-ter), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

Il giudice  aveva osservato che  la riforma introdotta dalla legge 23 agosto 2004, n. 243 avente tra l’altro ad oggetto l’adozione di norme intese a «sostenere e favorire lo sviluppo di forme pensionistiche complementari» (art. 1, comma 1), non avrebbe trovato immediata applicazione nei confronti del pubblico impiego. Infatti, non era stato emanato l’apposito decreto di armonizzazione necessario.

Nella difesa instaurata a nome della Presidenza del Consiglio dall'Avvocatura  dello Stato si affermava che:  la stabilità del rapporto pubblico e la circostanza che i dipendenti pubblici percepissero e continuino a percepire trattamenti pensionistici obbligatori di importo pari «circa al doppio di quelli percepiti dai dipendenti privati», costituirebbero «ragioni sufficienti a giustificare una  disciplina differenziata del trattamento fiscale delle prestazioni erogate dalle forme di previdenza complementare».
Un ulteriore profilo di infondatezza sarebbe il fatto  che la  previdenza integrativa sarebbe stata costituita prendendo a modello il settore dipendente privato e  attribuendo un ruolo fondamentale al trattamento di fine rapporto.  Inoltre  la «diversa disciplina ed entità del TFS e la differente modalità di accantonamento del TFR» costituirebbero, ad avviso dell’Avvocatura, ulteriori ragioni che varrebbero «a rendere non irragionevole la scelta del legislatore di differenziare il trattamento fiscale delle prestazioni di previdenza complementare erogate dai fondi pensione ai lavoratori pubblici e privati».

Secondo la Corte invece i rilievi dell'Avvocatura non sono fondati  in quanto , nel caso in esame, "è palese che la ratio del beneficio riconosciuto a favore dei
dipendenti privati
 – quella di favorire lo sviluppo della previdenza complementare, dando attuazione al sistema dell’art. 38, secondo comma, Cost. – è identicamente ravvisabile anche nei confronti di quelli  pubblici".

Va ricordato che  già l’art. 1, comma 156, della legge 27 dicembre 2017, n. 205  ha previsto il superamento della disparita di trattamento affermando che «[a] decorrere dal 1° gennaio 2018, ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto  legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano le disposizioni concernenti la deducibilità dei premi e  contributi versati e il regime di tassazione delle prestazioni di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252

 

 

 

 

 

1 FILE ALLEGATO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 08/10/2019

Fonte: Corte Costituzionale