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Dichiarazione 730/2019: pubblicati i Modelli con relative istruzioni

Ecco le principali novità del Modello di dichiarazione 730/2019 approvato con le relative istruzioni con Provvedimento del 15.01.2019 n. 10652 e termini di presentazione

 

 

L'Agenzia delle Entrate con Provvedimento del 15 gennaio 2019 n. 10652 ha pubblicato i modelli di Dichiarazione 730/2019 con relative istruzioni, concernenti la dichiarazione semplificata agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, da presentare nell'anno 2019 da parte dei soggetti che si avvalgono dell’assistenza fiscale.

Ricordiamo che il 730 precompilato, reso disponibile dall'Agenzia delle Entrate a partire dal 15 aprile, per i lavoratori dipendenti e dei pensionati sul sito internet dell’Agenzia delle entrate www.agenziaentrate.gov.it, deve essere presentato entro:

  • il 23 luglio nel caso di presentazione diretta all'Agenzia delle entrate o al Caf o al professionista;
  • il 7 luglio nel caso di presentazione al sostituto d’imposta.
    I termini che scadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno feriale successivo.

Il contribuente che riceve il modello 730 precompilato non è obbligato ad utilizzarlo. Può infatti presentare la dichiarazione dei redditi con le modalità ordinarie (utilizzando il modello 730 o il modello REDDITI). Il contribuente che riceve il modello 730 precompilato, ma ha percepito altri redditi che non possono essere dichiarati con il modello 730 (ad esempio redditi d’impresa), non può utilizzare la dichiarazione precompilata, ma deve presentare la dichiarazione utilizzando il modello REDDITI.
Il contribuente che non riceve il modello 730 precompilato (ad esempio perché non è in possesso della Certificazione Unica) deve presentare la dichiarazione dei redditi con le modalità ordinarie utilizzando il modello 730, ove possibile, oppure il modello REDDITI, sempre che non rientri nei casi di esonero.

 

Il 730 ordinario si presenta:

  • entro il 7 luglio al proprio sostituto d’imposta;
  • entro il 23 luglio al Caf o al professionista abilitato.

Nel caso di presentazione al sostituto d’imposta il contribuente deve consegnare il modello 730 ordinario già compilato.
Nel caso di presentazione al Caf o al professionista abilitato possono essere richiesti al momento della presentazione della dichiarazione i dati relativi alla residenza anagrafica del dichiarante e il controllo formale è effettuato nei confronti del Caf o del professionista. Sul visto di conformità si applicano le stesse regole sopra descritte per il 730 precompilato.

Come indicate nelle istruzioni del Modello, ecco le principali novità contenute nel modello 730/2019, che fa il pieno di agevolazioni:

  • Deduzione erogazioni liberali a favore delle ONLUS, OV e APS: il Codice del Terzo settore prevede che le liberalità in denaro o in natura erogate a favore degli enti del Terzo settore non commerciali sono deducibili dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore nel limite del 10 per cento del reddito complessivo dichiarato. Qualora detto importo sia di ammontare superiore al reddito complessivo dichiarato, diminuito di tutte le deduzioni, l’eccedenza può essere computata in aumento dell’importo deducibile dal reddito complessivo dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare.
  • Ulteriori spese per cui spetta la detrazione del 19 per cento: è possibile detrarre dall’Irpef le spese per abbonamento trasporto pubblico per un importo non superiore a 250 euro; le spese per assicurazione contro eventi calamitosi; le spese sostenute in favore dei minori o di maggiorenni, con diagnosi di disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) per l’acquisto di strumenti compensativi e di sussidi tecnici e informatici.
  • Detrazione per erogazioni liberali a favore delle ONLUS, APS: è possibile detrarre il 30 per cento degli oneri sostenuti per le erogazioni liberali in denaro o in natura a favore delle Onlus e delle associazioni di promozione sociale, per un importo complessivo in ciascun periodo d’imposta non superiore a 30.000 euro. L’aliquota di detrazione è elevato al 35 per cento degli oneri sostenuti dal contribuente, qualora l’erogazione liberale sia a favore di organizzazioni di volontariato.
  • Detrazione contributi associativi alle società di mutuo soccorso: è innalzato a 1.300 euro il limite di detrazione dei contributi associativi alle società di mutuo soccorso.
  • Sistemazione a verde: è possibile portare in detrazione dall’Irpef le spese sostenute per la sistemazione a verde delle unità immobiliari e anche quelle sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali.
  • Spese per interventi finalizzati al risparmio energetico: Sono state introdotte nuove tipologie di interventi agevolabili con aliquota di detrazione al 65 per cento o con aliquote dell’80 o dell’85 per cento.
  • Tassazione R.I.T.A.: da quest’anno il percettore della rendita temporanea anticipata ha facoltà di avvalersi in dichiarazione della tassazione ordinaria in luogo di quella sostitutiva applicata dal soggetto erogatore.
  • Deduzione premi e contributi versati alla previdenza complementare dei dipendenti pubblici: a decorrere dal 1° gennaio 2018, ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, si applicano le medesime disposizioni previste per i dipendenti privati riguardo la deducibilità dei premi e contributi versati per la previdenza complementare.
  • Ristrutturazioni: dal 21 novembre 2018, per alcuni interventi, va effettuata la comunicazione all’ENEA.

 

 

 

 

 

 

Forma Giuridica: Normativa - Provvedimento 
Numero 10652 del 15/01/2019 
Fonte: Agenzia delle Entrate

 

Fattura elettronica in reverse charge: chiarimenti delle Entrate

Reverse charge in caso di fattura elettronica 2019: chiarimenti delle Entrate sull'autofattura e i codici da indicare

 

Chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate in merito al reverse charge nel caso di fattura elettronica sono stati forniti nelle FAQ disponibili sul sito internet dell'Agenzia stessa ed anche in occasione del videoforum del 15 gennaio 2019 organizzato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in cui l'amministrazione ha risposto alle domande poste dai professionisti. In particolare, posto che le fatture elettroniche non sono modificabili nella domanda è stato chiesto se, nei casi in cui il debitore dell’imposta sia il cessionario/committente

  • sia indispensabile che questi, ai fini dell’assolvimento del tributo, provveda a generare un documento informatico riportante l’integrazione della fattura del fornitore, da associare alla fattura stessa
  • oppure possa ritenersi sufficiente che gli elementi per il calcolo dell’imposta dovuta emergano direttamente ed esclusivamente dalla registrazione della fattura ai sensi dell’art. 23, D.P.R. n. 633/72.

Nella risposta l'Agenzia delle Entrate per prima cosa ha precisato che per quanto riguarda le operazioni in reverse charge bisogna fare una distinzione di base:

  • Per gli acquisti intracomunitari e per gli acquisti di servizi extracomunitari, l’operatore IVA residente o stabilito in Italia sarà tenuto ad effettuare l’adempimento della comunicazione dei dati delle fatture d’acquisto ai sensi dell’art. 1, comma 3bis, del d.Lgs. n. 127/15.
  • Per gli acquisti interni per i quali l’operatore IVA italiano riceve una fattura elettronica riportante la natura “N6” in quanto l’operazione è effettuata in regime di inversione contabile, ai sensi dell’articolo 17 del d.P.R. n. 633/72, l’adempimento contabile previsto dalle disposizioni normative in vigore prevede una “integrazione” della fattura ricevuta con l’aliquota e l’imposta dovuta e la conseguente registrazione della stessa ai sensi degli articoli 23 e 25 del d.P.R. n. 633/72.

Al fine di rispettare il dettato normativo, l’Agenzia ha già chiarito con la circolare 13/E del 2 luglio 2018 che una modalità alternativa all'integrazione della fattura possa essere la predisposizione di un altro documento, da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della stessa.

Al riguardo, si evidenzia che tale documento – che per consuetudine viene chiamato “autofattura” poiché contiene i dati tipici di una fattura e, in particolare, l’identificativo IVA dell’operatore che effettua l’integrazione sia nel campo del cedente/prestatore che in quello del cessionario/committente – può essere inviato al Sistema di Interscambio e, qualora l’operatore usufruisca del servizio gratuito di conservazione elettronica offerto dall'Agenzia delle entrate, il documento verrà portato automaticamente in conservazione. 

L'argomento è stato affrontato anche nel videoforum del 15 gennaio 2019 organizzato dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili in cui l'Agenzia delle Entrate ha risposto alle domande poste dai professionisti. In tale sede è stato esplicitamente chiesto se per le autofatture da emettere per l'integrazione di acquisti interni in reverse charge ex art. 17, comma 6, DPR 633/72 devono riportare nel campo "TipoDocumento" il codice TD20 e TD1. L'Agenzia ha ricordato che in questo tipo di documento il codice da utilizzare è il TD1, in quanto i documenti con codice TD20 sono solo quelli relativi alle fatture ex articolo 6, comma 8 del D. Lgs 471/97.

 

 

 

 

 

Pubblicato il 23/01/2019

Fonte: Fisco e Tasse

Cosa rischia chi non fa la fattura elettronica

Cosa rischia chi non fa fattura elettronica? Sono frequenti i casi di rifiuto di emissione di fattura o, addirittura, di addebito dei costi al cliente. Prese di posizione illegittime che portano alla necessità di un ripasso del DPR IVA n. 633/1972.

 

 

Cosa rischia chi non fa fattura elettronica? Non cambiano le regole in merito all'obbligo di fatturazione delle operazioni e il riferimento normativo di riferimento resta l’articolo 21 del DPR n. 633/1972.

Le sanzioni previste in caso di mancato o tardivo rilascio della fattura sono quelle previste dal Decreto Legislativo n. 417/1997, alleggerite soltanto per i primi mesi del 2019 dal DL n. 119/2018.

Negli ultimi giorni sono state frequenti le segnalazioni di esercenti che non rilasciano fattura in formato elettronico o addirittura casi in cui la richiesta di fattura comporta l’addebito di un costo di emissione fino a due euro.

Due casi che portano alla necessità di analizzare cosa prevede la legge e quali i rischi nel caso di mancata emissione della fattura.

Cosa rischia chi non fa fattura elettronica

Riferimento normativo relativo all'obbligo di emissione della fattura è l’articolo 21 del DPR n. 633/1972, il quale al comma 1 stabilisce che:

Per ciascuna operazione imponibile il soggetto che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio emette fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili, o, ferma restando la sua responsabilità, assicura che la stessa sia emessa, per suo conto, dal cessionario o dal committente ovvero da un terzo”.

A partire dal 1° gennaio 2019 l’unica modalità di fatturazione valida ai fini fiscali è quella elettronica, secondo le regole operative stabilite dall'Agenzia delle Entrate con il provvedimento del 30 aprile 2018. L’unico formato valido è l’XML e la fattura si considera emessa qualora trasmessa al SdI e “all'atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente”.

Ad eccezione dei soggetti esonerati dalla fatturazione elettronica (come minimi e forfettari), tutte le fatture emesse dal 1° gennaio 2019 dovranno essere in formato XML e l’invio dovrà essere effettuato tramite il SdI, il grande hub dell’Agenzia delle Entrate. Addio alla fattura cartacea e al PDF, che perdono qualsiasi valenza fiscale.

Per i commercianti fattura elettronica solo se richiesta dal cliente

Alle regole generali relative all'obbligo di emissione della fattura elettronica si uniscono quelle specifiche relative ai commercianti al minuto, nonché ai ristoranti o ad esempio alle prestazioni alberghiere.

L’articolo 22 del Decreto IVA stabilisce che in tali casi l’emissione della fattura non è obbligatoria, salvo specifica richiesta da parte del cliente e non oltre il termine di effettuazione dell’operazione.

E sono proprio questi i casi in cui sono stati più frequenti nell'ultimo periodo i rifiuti di emissione della fattura elettronica: si pensi ai ristoranti o alle prestazioni alberghiere ed ai relativi costi che possono essere portati in detrazione IVA ed in deduzione fiscale per gli operatori IVA.

In tali casi, tuttavia, la fattura dovrà essere rilasciata soltanto qualora richiesta al momento dal cliente.

Sanzioni in caso di mancata o tardiva emissione della fattura elettronica

rischi e le sanzioni previste per chi rifiuta di fare fattura elettronica sono stabiliti dal Decreto Legislativo n. 417/1997, che all'articolo 6 prevede l’applicazione di una sanzione di importo compreso tra il 90 per cento e il 180 per cento dell’imposta relativa all'imponibile del documento.

Attenzione però: in materia di sanzioni dovute in caso di ritardo nell'emissione della fattura elettronica, è importante considerare le modifiche introdotte dal DL n. 119/2018.

Nel primo semestre 2019 le sanzioni non si applicano qualora la fattura venga emessa entro il termine di liquidazione IVA, mentre saranno pari all’80 per cento qualora la fattura venga emessa entro il termine di liquidazione IVA del periodo successivo.

A partire dal 1° luglio 2019 (settembre per i contribuenti con liquidazione mensile) le sanzioni tornano ad essere applicate secondo i meccanismi sotto riportati, considerando i dieci giorni di tempo dal momento in cui si effettua l’operazione considerata per l’emissione della fattura.

Emissione fattura elettronica, vietato l’addebito del costo al cliente

In chiusura si ricorda che alla richiesta di emissione della fattura elettronica è illegittima la richiesta di pagamento di una somma aggiuntiva al cliente.

A tal proposito, il comma 8 dell’articolo 21 del DPR IVA stabilisce chiaramente che:

le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo.

Una disposizione chiara ed utile da richiamare in tutti quei casi in cui alla richiesta di emissione della fattura è richiesto il pagamento di un costo “amministrativo” al cliente.

 

 

 

Fonte: InformazioneFiscale