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Fisco e 4.0: un po’ di tagli ci sono stati, ma qualcosa resta

 

Con l'approvazione della nuova legge di bilancio riapre la stagione degli incentivi e dei bonus fiscali a favore delle aziende che investono in innovazione. Nonostante l'inasprimento di alcune misure, i benefici di questa politica economica sono ancora numerosi e continueranno a perdurare per tutto il 2019. «Ormai conosciamo molto bene tutte queste misure e il giro di vite che hanno subito si ripercuoterà inevitabilmente sulle imprese. A mio avviso non basterà la riduzione dell'Ires, portata al 15%, per compensare la perdita dei benefici sul conto economico aziendale», afferma Alberto Bertolotti di IBS Consulting.

 Vediamo gli incentivi nel dettaglio:

Iperammortamento, confermate le aliquote a scaglioni.
Prorogati i termini per usufruire dell'incentivo che premia l'industria in chiave 4.0 al 31 dicembre 2019, ovvero al 31 dicembre 2020, a condizione che entro il 31 dicembre 2019 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione massimo di 20 milioni. Scompare l'aliquota unica del 150% e vengono introdotti tre scaglioni che variano al variare dell'investimento: 170% per i progetti fino a 2,5 milioni, 100% per quelli tra 2,5 e 10 milioni e 50% per quelli tra 10 e 20 milioni. Nel caso di investimenti in beni immateriali strumentali vincolati ai precedenti, è confermata la maggiorazione del 40%.

Belardi: più aziende beneficiarie.
«L'introduzione di un sistema ad aliquote differenziate sottende l'intento di massimizzare il numero delle aziende in grado di beneficiare dell'incentivo e manifesta un'attenzione particolare rivolta dall'attuale Governo alle PMI», commenta Marco Belardi Presidente UNI CT 519 Consulente Mise.

Licenziato il Superammortamento.
L'incentivo si è esaurito con gli investimenti effettuati nel 2018 sempre che l'ordine sia stato effettuato nel 2017 con un acconto del 20%.

Formazione, bonus confermato.
Rinnovato per il 2019 il credito d'imposta per le attività formative del personale sulle tecnologie 4.0. Mentre nel 2018 l'incentivo permetteva alle imprese di recuperare il 40% del costo orario del personale nelle attività di formazione, la legge di bilancio introduce tre aliquote diversificate per classe dimensionale delle imprese: 50% per le piccole imprese, sempre con un tetto massimo di 300.000 euro; 40% per le medie imprese e 30% per le grandi imprese con un tetto di 200.000 euro per azienda.

Dimezzato credito d’imposta R&S.
Sforbiciata al credito d'imposta R&S che passa da un tetto massimo fruibile di 20 a 10 milioni di euro annui. L'incentivo è confermato al 50% per le spese incrementali relative al personale dipendente titolare di un rapporto di lavoro subordinato, anche a tempo determinato, direttamente impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, per quelle rientranti nell'ambito di contratti stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, start-up innovative e PMI innovative.Scende nuovamente al 25% per tutte le altre spese ammissibili comprese per le nuove in materiali, forniture e altri prodotti analoghi.

480 milioni per la nuova Sabatini.
Potenziata la misura che permette alle aziende di fruire di un contributo a fondo perduto in conto impianti, variabile dal 2,75% al 3,575% annuo, calcolato sul valore del cespite a fronte di investimenti in macchinari e attrezzature, con 480 milioni di euro stanziati per l'arco temporale 2018-2024.

Voucher per l’innovation manager.
Novità assoluta di quest'anno che prevede l'erogazione di contributi a fondo perduto tra i 25.000 e i 80.000 euro, erogati sotto forma di voucher, per le MPMI che investiranno in prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale e di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell'impresa, compreso l'accesso ai mercati finanziari e dei capitali.

 

 

 

21/01/2019 - 06:10

Fonte: Giornale di Brescia

Fatturazione elettronica: come registrare le spese anticipate per il cliente?

Spese anticipate per conto del cliente: come fare con la fatturazione elettronica 2019? I chiarimenti dell'Agenzia delle Entrate

 

 

 

Come vanno registrate le spese anticipate dai professionisti per conto dei clienti con la fatturazione elettronica? La domanda è stata posta all'Agenzia delle Entrate da un avvocato solito ad inserire nelle fatture le spese che anticipate e sostenute in nome e per conto del cliente al fine di farsele rimborsare al momento del pagamento della prestazione.

Con l'entrata in vigore dell'obbligo generalizzato della fatturazione elettronica a partire dal 1° gennaio 2019, è stato chiesto all'Agenzia delle Entrate come tali spese anticipate in nome e per conto del cliente potessero essere riportate nella fattura elettronica.

Nel rispondere le Entrate hanno chiarito che ai sensi dell’articolo 15 del d.P.R. 633/72, le spese anticipate in nome e per conto del cliente non concorrono alla formazione della base imponibile e quindi al calcolo dell’IVA, purchè opportunamente documentate. Ai fini della corretta fatturazione elettronica è possibile seguire due diverse modalità.

La prima è quella di inserire un blocco “DatiBeniServizi” riportando

  • l’importo delle spese,
  • la loro descrizione
  • al posto dell’aliquota IVA, il codice natura “N1” (“escluse ex art. 15”).

Un’altra modalità per riportare in fattura le spese può essere quella di utilizzare il blocco “Altri dati gestionali”, ricordandosi poi di aggiungere al valore del totale dell’importo del documento quello delle spese in argomento.

Prima di fare i due esempi pubblicati dall'Agenzia delle Entrate  si ricorda che, al contrario delle spese effettuate in nome e per conto del cliente, le spese “forfettarie” previste dalla Legge Forense (art. 13 della Legge n. 247/2012) concorrono – insieme ai compensi – sia all'imponibile, e quindi al calcolo dell’IVA, sia al contributo Cassa Forense. Conseguentemente, tali spese potranno formare oggetto di apposito blocco “DatiBeniServizi” con inserimento dell’aliquota IVA della prestazione.

Di seguito un esempio delle due modalità di compilazione suggerite mediante la procedura web gratuita dell’Agenzia delle Entrate:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Agenzia delle Entrate

Reddito, richiesta il 5 marzo per incassare il 27 aprile

 

 

 

 

Tempi strettissimi per l’avvio del reddito di cittadinanza che dal 5 marzo si potrà richiedere alle Poste, presso i Caf accreditati e in via telematica qualche giorno prima (un sito ad hoc sarà predisposto a febbraio). 

Secondo il cronoprogramma indicato dal vicepremier Luigi Di Maio, dal 27 aprile il sussidio verrà erogato agli aventi diritto, attraverso una card che si ritirerà alle Poste. Ma la “fase 1”, quella prima del pagamento, già presenta numerose possibili criticità considerando che è coinvolta una platea di 1,7 milioni di nuclei familiari (4,9 milioni di persone) potenzialmente beneficiaria del reddito di cittadinanza - in base ai requisiti economici richiesti-, e che i richiedenti potrebbero essere anche di più.

Dovrà essere l’Inps a predisporre il modulo di domanda, sentito il ministero del Lavoro, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Le informazioni contenute nella domanda sono comunicate all’Inps entro 10 giorni lavorativi dalla richiesta, a quel punto l’Istituto di previdenza avrà solo 5 giorni lavorativi per verificare il possesso dei requisiti d’accesso, in base alle informazioni disponibili nei propri archivi, ma anche dall’Anagrafe tributaria e dal Pubblico registro automobilistico e da altre amministrazioni.

Anche i Comuni - in attesa del completamento dell’anagrafe nazionale della popolazione residente - dovranno verificare i requisiti di residenza e di soggiorno e comunicarli all’Inps. Alla luce del prevedibile gran numero di richieste è una tempistica molto stretta per le amministrazioni coinvolte.

Una volta riconosciuto il diritto a percepire il sussidio, è previsto che entro 30 giorni il richiedente sia convocato al centro per l’impiego per firmare il “patto per il lavoro”. Tutti i componenti maggiorenni del nucleo familiare beneficiario del Rdc dovranno sottoscrivere la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro entro i successivi 30 giorni, aderire ad un percorso personalizzato di accompagnamento al lavoro e all’inclusione sociale, dovranno registrarsi su una piattaforma digitale (Siupl) e consultarla quotidianamente come supporto nella ricerca del lavoro.

Dovranno anche svolgere una ricerca attiva rispettando un diario di attività settimanali, accettare una di tre offerte di lavoro “congrue” per non perdere il sussidio. L’obbligo riguarda tutti i componenti del nucleo familiare maggiorenni, non già occupati, che non frequentano un regolare corso di studi e di formazione (escluso chi ha almeno 65 anni, i disabili o i componenti che assistono figli di età inferiore a 3 anni, disabili o non autosufficienti).

È sufficiente che uno dei componenti non adempia a questi obblighi perché tutto il nucleo familiare perda il sussidio. La sfida è riuscire a offrire un percorso di tutoraggio “personalizzato” ai disoccupati che, fino a quando non verrà sensibilmente implementato l’organico dei centri per l’impiego e formato per i nuovi compiti, sarà molto difficile vincere.

REDDITO DI CITTADINANZA, LE TAPPE E I TEMPI

Chi è in condizioni di disagio, invece, sempre entro 30 giorni dal riconoscimento del sussidio, verrà convocato dai servizi per il contrasto alla povertà dei Comuni, ma se dalla valutazione i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti dovessero essere «considerati prevalentemente connessi alla situazione lavorativa» i servizi competenti saranno individuati presso i centri per l’impiego.

L’attuale misura anti povertà, il Rei, non potrà più essere chiesta da marzo. Ai soggetti già beneficiari del reddito di inclusione (perché riconosciuto prima di aprile 2019) il sussidio continuerà ad essere erogato per la durata inizialmente prevista, ma potranno far richiesta del reddito di cittadinanza.

Chi ottiene il reddito - sia se ha sottoscritto il patto di inclusione, sia il patto per il lavoro - sarà chiamato anche a partecipare a progetti utili alla collettività fino a 8 ore la settimana, organizzati dai comuni. Anche questo adempimento non appare privo di possibili criticità, visto che entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto, gli 8 mila comuni dovranno avviare le procedure per istituire i progetti e comunicare le informazioni su una sezione della piattaforma informatica Siuss. La partecipazione è dunque condizionata all'attivazione dei progetti da parte dei comuni. La riuscita dei progetti comunali, così come le misure per favorire l'occupabilità, nei piani del governo serviranno a dimostrare che non si tratta di una misura assistenziale. Ma la risposta si conoscerà solo nei prossimi mesi.

 Fonte: Il Sole 24 Ore