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Comunicati stampa

 Contratto a termine non valido se manca il DVR

Apposizione del termine nulla e trasformazione in tempo indeterminato : ordinanza Cassazione 23 agosto 2019, numero 21683

 

 

La Cassazione nell'ordinanza 21683 del 23 agosto 2019 ha ribadito il contratto di lavoro a termine e  si trasforma in tempo indeterminato se l'azienda non ha predisposto il Documento di valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Il  Dvr già in vigore dal  d.lgs 626 1996 )  è stato ampliato dal  Dlgs 81/2008   con un maggiore numero di elementi che lo rendono uno strumento essenziale di attuazione delle misure di prevenzione e protezione dei lavoratori  da parte dei responsabili (datore di lavoro, dirigenti, Rspp) 

 Il caso riguardava una giornalista assunta per cinque anni con contratti a termine successivi presso l'Agenzia nazionale di stampa ANSA che ricorreva  contro la decisione  di secondo grado  e  la cui richiesta viene accolta, per carenze formali nell'istruttoria del giudizio di appello..

I giudici trovano pero modo di ribadire nella  motivazione che la norma (articolo 3 del Dlgs 368/2001 che vieta  in modo imperativo la possibilità di stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato  alle aziende  che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

La sentenza afferma che la ratio di tale divieto "è diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d'impiego riduce la familiarità con l'ambiente e gli strumenti di lavoro"; viene quindi  ribadito ancor una volta, come da orientamento ormai consolidato della giurisprudenza che , se il datore  di lavoro non dimostri di aver provveduto alla valutazione dei rischi prima della stipula del contratto a tempo determinato, la clausola di apposizione del termine è da considerarsi nulla con la conseguenza che il contratto di lavoro si considera a tempo indeterminato in base agli articoli 1339 e 1419 del codice civile.

 

 

1 FILE ALLEGATO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 29/08/2019

Fonte: Corte di Cassazione

 

 

 

Cedolare secca su immobili commerciali C1: ok al canone variabile

Cedolare secca per le locazioni di immobili commerciali classificati nella categoria catastale C/1:nuova risposta dell'Agenzia delle Entrate

 

 

La legge di bilancio 2019 (art. 1 Legge n. 145/2018) ha esteso la portata del regime della cedolare secca prevedendo che il canone di locazione relativo ai contratti stipulati nell’anno 2019, aventi ad oggetto unità immobiliari classificate nella categoria catastale C/1, di superficie fino a 600 metri quadrati, escluse le pertinenze, e le relative pertinenze locate congiuntamente, possa essere assoggettato al regime della cedolare secca con l’aliquota del 21%. Con disposizioni inderogabili è previsto che nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente. 

Alcuni chiarimenti sul tema sono stati forniti dall'Agenzia delle Entrate con l'interpello 340 del 23 agosto 2019 qui allegato. 

In particolare, nel caso di specie l'istante intende acquistare un negozio con categoria C/1 e superficie inferiore a 600 mq che sarà locato alla società BETA con un nuovo contratto di locazione. Il canone sarà costituito da una quota fissa annuale e una quota variabile pari al 3,4% dei ricavi del punto vendita della società conduttrice, per la sola parte dei ricavi che in ciascun anno supererà euro 1.000.000,00. Dato che durante il periodo corrispondente alla durata dell'opzione per la cedolare secca è sospesa "la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone, anche se prevista dal contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall'Istat", l'istante ha chiesto se può procedere lo stesso al regime agevolato.

Nel rispondere l'Agenzia delle Entrate ha precisato che bisogna distinguere tra

  • l’aggiornamento del canone di locazione per eventuali variazioni del potere di acquisto della moneta
  • la pattuizione di una quota del canone di locazione in forma variabile.

Con riferimento al caso di specie la possibilità di determinare il canone di locazione - tenendo conto anche dei ricavi del punto vendita quando superano euro 1.000.000,00 - rientra nella libertà accordata alle parti di determinare il contenuto del contratto e non integra una determinazione privatistica della misura di indicizzazione, né un aggiornamento del canone a  qualsiasi titolo. Pertanto la previsione contrattuale presente nel contratto di locazione, che fa dipendere la quota variabile del canone dal fatturato del conduttore, non è di ostacolo all'assoggettamento del contratto stesso al regime della cedolare secca. Ovviamente, l’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata.

 

 

 

 

 

1 FILE ALLEGATO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 26/08/2019

Fonte: Fisco e Tasse

 Attività cessata e riavviata: no agli ISA

Indici sintetici di Affidabilità fiscale 2019: ripresa dell'attività cessata o mere prosecuzioni senza ISA. A dirlo la nuova circolare delle Entrate

 

 

Ai fini degli studi di settore erano tenuti all’applicazione sia i soggetti che riprendevano l’attività entro 6 mesi dalla cessazione, che i soggetti che continuavano un’attività già svolta da altri soggetti (cd “mere prosecuzioni”).

Il quesito che è stato posto all'Agenzia delle Entrate a cui la stessa ha risposto con la tardiva e contestata circolare n. 17 pubblicata il 2 agosto 2019, è se tale previsione sia estendibile anche alla disciplina degli ISA.
Nel rispondere l'Agenzia delle Entrate ha ricordato che entrambe le casistiche (cessazione e ripresa entro 6 mesi, mere prosecuzioni) erano specificamente disciplinate dalla L. n. 146 del 1998 che disponeva che, sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore i contribuenti “che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti.
Per quanto riguarda gli ISA non è prevista una disposizione analoga pertanto almeno i soggetti che iniziano e quelli che cessano una attività nel corso
del periodo di imposta
 2018 devono considerarsi esclusi dalla applicazione degli ISA e indicheranno in REDDITI rispettivamente le cause di esclusione:

  1.  inizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta;
  2. cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta.

Ai fini degli studi di settore erano tenuti all’applicazione sia i soggetti che riprendevano l’attività entro 6 mesi dalla cessazione, che i soggetti che continuavano un’attività già svolta da altri soggetti (cd “mere prosecuzioni”).

Il quesito che è stato posto all'Agenzia delle Entrate a cui la stessa ha risposto con la tardiva e contestata circolare n. 17 pubblicata il 2 agosto 2019, è se tale previsione sia estendibile anche alla disciplina degli ISA.
Nel rispondere l'Agenzia delle Entrate ha ricordato che entrambe le casistiche (cessazione e ripresa entro 6 mesi, mere prosecuzioni) erano specificamente disciplinate dalla L. n. 146 del 1998 che disponeva che, sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore i contribuenti “che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. La disposizione si applica comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti.
Per quanto riguarda gli ISA non è prevista una disposizione analoga pertanto almeno i soggetti che iniziano e quelli che cessano una attività nel corso
del periodo di imposta
 2018 devono considerarsi esclusi dalla applicazione degli ISA e indicheranno in REDDITI rispettivamente le cause di esclusione:

  1.  inizio dell’attività nel corso del periodo d’imposta;
  2. cessazione dell’attività nel corso del periodo d’imposta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 07/08/2019

Fonte: Fisco e Tasse