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 Doppie imposizioni: il nuovo accordo Italia-Cina

Doppie imposizioni: il nuovo accordo Italia-Cina. Ecco cosa cambia per dividendi, interessi, royalties e capital gain

 

 

Con un comunicato stampa il MEF ha comunicato che il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, ha firmato il nuovo accordo tra Italia e Cina per eliminare le doppie imposizioni fiscali. Il nuovo testo, che aggiorna quello in vigore dal 1990 e recepisce le raccomandazioni vincolanti del progetto OCSE/G20 BEPS, prevede:

  • in materia di dividendi (Articolo 10) è prevista una riduzione dell’aliquota convenzionale di prelievo alla fonte rispetto all’accordo del 1986, dal 10% al 5%, nel caso di partecipazioni dirette di almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi, detenute per un periodo di almeno 365 giorni. Di tale riduzione dell’aliquota potranno pertanto beneficiare le imprese italiane che percepiscono dividendi di fonte cinese. Inoltre, la riduzione dell’aliquota relativa alle partecipazioni qualificate potrà incoraggiare la capitalizzazione delle imprese cinesi in Italia, attraverso investimenti in equity. Per gli altri dividendi, si applica l’aliquota del 10%
  • in materia di interessi (Articolo 11), la misura della ritenuta applicabile nello Stato della fonte non può eccedere un’aliquota pari al 10% dell'ammontare lordo degli interessi; è prevista un'aliquota ridotta dell’8% sugli interessi pagati a istituti finanziari, in relazione a prestiti con durata almeno triennale mirati a finanziare progetti d’investimento. Tuttavia, l'Accordo prevede l’esenzione da ritenuta alla fonte sui pagamenti di interessi in uscita quando il soggetto pagatore è il Governo o un ente locale, oppure quando gli interessi sono pagati al Governo o a un ente locale, alla Banca Centrale, a un ente pubblico, oppure a un ente il cui capitale è interamente posseduto dal Governo. Ciò consente, tra l’altro, di ripristinare l’esenzione sui pagamenti di interessi di fonte cinese percepiti da alcune istituzioni finanziarie pubbliche italiane le quali - in base all’Accordo del 1986 - non avevano più diritto all'esenzione in quanto non più detenute al 100% da capitale pubblico (CDP, Sace, Simest). Inoltre, l'Accordo prevede l’esenzione da ritenuta in Italia sui pagamenti di interessi in relazione a titoli emessi da Cassa Depositi e Prestiti, quali i “Panda Bond” (oltre che eventualmente da Sace e Simest, Banca d’Italia) percepiti da soggetti residenti in Cina
  • in materia di royalties (Articolo 12) è previsto che l’aliquota generale applicabile nello Stato della fonte non possa eccedere il 10% sui canoni corrisposti per l’uso, o la concessione in uso, di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche ivi compresi il software, le pellicole cinematografiche e le pellicole o registrazioni per trasmissioni televisive o radiofoniche, nonché per brevetti, marchi, disegni o modelli, formule o processi segreti, o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico. E’ invece prevista un’aliquota effettiva del 5% (l’aliquota nominale del 10% si applica sull’ammontare del 50 per cento delle royalties) per i pagamenti relativi all’utilizzo o al diritto di utilizzo di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche. Tale aliquota è inferiore a quella prevista per le stesse tipologie di pagamenti negli accordi stipulati dalla Cina con i principali Paesi europei, in cui la riduzione massima si attesta al 6%
  • in materia di capital gains (articolo 13) è confermato il trattamento delle plusvalenze derivanti dall’alienazione di partecipazioni qualificate con un livello minimo del 25%. Il nuovo accordo prevede tuttavia la tassazione di tali plusvalenze se detenute con un livello di partecipazione al di sopra di tale soglia in qualsiasi momento nei 12 mesi precedenti l’alienazione. Inoltre, per le tipologie di plusvalenze non espressamente disciplinate, la tassazione concorrente prevista nell’attuale Accordo è sostituita con la tassazione esclusiva nello Stato di residenza dell’alienante.

 

Complessivamente, le disposizioni previste dall’Accordo realizzano una equilibrata ripartizione dei rispettivi diritti impositivi. Potranno inoltre contribuire a incoraggiare gli investimenti transfrontalieri e a fornire maggiore certezza fiscale alle imprese dei due Paesi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 26/03/2019

Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze

 

Dichiarazione IVA 2019: presentazione entro martedì 30 aprile

Scade martedì 30 aprile 2019 il termine ultimo per la trasmissione della dichiarazione Iva 2019: i soggetti obbligati, le modalità di presentazione e di versamento del saldo Iva

 

 

Martedì 30 aprile 2019 ultimo giorno utile per la presentazione della dichiarazione IVA 2019 relativa all’anno 2018, infatti in base a quanto stabilito dal comma 1 dell’art. 8 del d.p.r. n. 322 del 1998, la presentazione deve essere effettuata nel periodo compreso tra il 1° febbraio e il 30 aprile 2019.

Le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine sono valide, fatta salva l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge (ai sensi degli artt. 2 e 8 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322). Invece, quelle presentate con ritardo superiore a 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono titolo per la riscossione dell’imposta dovuta.

 

Soggetti obbligati a presentare la dichiarazione Iva

In linea generale sono obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale IVA tutti i contribuenti esercenti attività d’impresa ovvero attività artistiche o professionali titolari di partita IVA.

 

Soggetti esonerati

Sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione IVA, in particolare, i seguenti soggetti d’imposta:

  • i contribuenti che per l’anno d’imposta abbiano registrato esclusivamente operazioni esenti di cui all’art. 10, nonché coloro che essendosi avvalsi della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione ai sensi dell’art. 36-bis abbiano effettuato soltanto operazioni esenti. L’esonero non si applica, ovviamente, qualora il contribuente abbia effettuato anche operazioni imponibili (ancorché riferite ad attività gestite con contabilità separata) ovvero se sono state registrate operazioni intracomunitarie (art. 48, comma 2, del decreto-legge n. 331 del 1993) o siano state eseguite le rettifiche di cui all’art. 19-bis ovvero siano stati effettuati acquisti per i quali in base a specifiche disposizioni l’imposta è dovuta da parte del cessionario (acquisti di oro, argento puro, rottami ecc.);
  • i contribuenti che si avvalgono del regime forfetario per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni previsto dall’art. 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
  • i contribuenti che si avvalgono del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità previsto dall’art. 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;
  • produttori agricoli esonerati dagli adempimenti ai sensi dell’art. 34, comma 6;
  • gli esercenti attività di organizzazione di giochi, di intrattenimenti ed altre attività indicate nella tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, esonerati dagli adempimenti IVA ai sensi dell’art. 74, sesto comma, che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari;
  • le imprese individuali che abbiano dato in affitto l’unica azienda e non esercitino altre attività rilevanti agli effetti dell’IVA;
  • i soggetti passivi non residenti e senza stabile organizzazione in Italia, di cui all’art. 44, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge n. 331 del 1993, qualora abbiano effettuato nell’anno d’imposta solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’imposta;
  • i soggetti che svolgono attività di intrattenimento e spettacolo e che hanno esercitato l’opzione per l’applicazione del regime speciale Iva previsto dalla legge 398/1991, esonerati dagli adempimenti IVA per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali connesse agli scopi istituzionali;
  • i soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europeanon identificati in ambito comunitario, che si sono identificati ai fini dell’IVA nel territorio dello Stato con le modalità previste dall’art. 74-quinquies per l’assolvimento degli adempimenti relativi ai servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici resi a committenti, non soggetti passivi d’imposta, domiciliati o residenti in Italia o in altro Stato membro.

 

Modalità di presentazione

La dichiarazione deve essere presentata esclusivamente per via telematica all’Agenzia delle Entrate e può essere trasmessa:

  1. direttamente dal dichiarante, utilizzando i iservizi telematici Entratel o Fisconline in base ai requisiti posseduti per il conseguimento dell’abilitazione. I soggetti diversi dalle persone fisiche effettuano la trasmissione telematica della dichiarazione tramite i propri incaricati, nominati secondo le modalità descritte nella circolare n. 30/E del 25 giugno 2009 e nel relativo allegato tecnico.
  2. tramite un intermediario abilitato ai sensi dell’art. 3, comma 3, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, i quali sono obbligati a trasmettere all’Agenzia delle Entrate per via telematica sia le dichiarazioni da loro predisposte per conto del dichiarante sia quelle predisposte dal dichiarante stesso e per le quali hanno assunto l’impegno alla presentazione per via telematica.
    Sono obbligati alla presentazione telematica delle dichiarazioni gli intermediari abilitati appartenenti alle seguenti categorie:
    • iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali e dei consulenti del lavoro;
    • iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli dei periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria;
    • iscritti negli albi degli avvocati;
    • iscritti nel registro dei revisori contabili;
    • associazioni sindacali di categoria tra imprenditori;
    • associazioni che raggruppano prevalentemente soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;
    • Caf - dipendenti;
    • Caf - imprese;
    • coloro che esercitano abitualmente l’attività di consulenza fiscale;
    • notai iscritti nel ruolo indicato nell’art. 24 della legge 16 febbraio 1913, n. 89;
    • iscritti negli albi dei dottori agronomi e dei dottori forestali, degli agrotecnici e dei periti agrari.
  3. tramite altri soggetti incaricati (per le Amministrazioni dello Stato);
  4. tramite società appartenenti al gruppo.

 

I modelli da utilizzare sono due:

  • Modello Iva 2019
  • Modello Iva Base 2019,
    quest'ultimo è una versione semplificata del primo e può essere utilizzato dai soggetti Iva, persone fisiche e non, che nel corso dell’anno:
    • hanno determinato l’imposta dovuta o l’imposta ammessa in detrazione secondo le regole generali previste dalla disciplina Iva e, pertanto, non hanno applicato gli specifici criteri dettati dai regimi speciali Iva quali, ad esempio, quelli previsti per gli agricoltori o per le agenzie di viaggio;
    • hanno effettuato, in via occasionale, cessioni di beni usati e/o operazioni per le quali è stato applicato il regime per le attività agricole connesse;
    • non hanno effettuato operazioni con l’estero (cessioni e acquisti intracomunitari, cessioni all’esportazione e importazioni, ecc.);
    • non hanno effettuato acquisti e importazioni senza applicazione dell’imposta avvalendosi dell’istituto del plafond;
    • non hanno partecipato a operazioni straordinarie o trasformazioni sostanziali soggettive.

 

Termini di versamento

Quest'anno l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale doveva essere versata entro il 18 marzo (il 16 cadeva di sabato) nel caso in cui il relativo importo superasse euro 10,33 (10,00 euro per effetto degli arrotondamenti effettuati in dichiarazione), in unica soluzione oppure rateizzata, in quest'ultimo caso le rate devono essere di pari importo e la prima rata deve essere versata entro il termine previsto per il versamento dell’IVA in unica soluzione.

Le rate successive alla prima devono essere versate entro il giorno 16 di ciascun mese di scadenza ed in ogni caso l’ultima rata non può essere versata oltre il 16 novembre. Sull’importo delle rate successive alla prima è dovuto l’interesse fisso di rateizzazione pari allo 0,33% mensile, pertanto la seconda rata deve essere aumentata dello 0,33%, la terza rata dello 0,66% e cosi via.

Il versamento può essere differito alla scadenza prevista per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi (quest'anno 1° luglio in quanto il 30 giugno cade di domenica), con la maggiorazione dello 0,40% a titolo d’interesse per ogni mese o frazione di mese successivo al 18 marzo.

Si precisa che la maggiorazione dello 0,40%, prevista per ogni mese o frazione di mese, si applica sulla parte del debito non compensato con i crediti riportati in F24.

Riepilogando, per il 2019, il soggetto IVA può:

  • versare in unica soluzione entro il 18 marzo oppure rateizzare maggiorando dello 0,33% mensile l’importo di ogni rata successiva alla prima;
  • versare in unica soluzione differita entro il 1° luglio (30 giugno cade di domenica) con la maggiorazione dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 16 marzo;
  • rateizzare dalla data di pagamento, maggiorando dapprima l’importo da versare con lo 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al 18 marzo e quindi aumentando dello 0,33% mensile l’importo di ogni rata successiva alla prima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 25/03/2019

Fonte: Fisco e Tasse

 

Concordato e accordi di ristrutturazione: qual è la sorte dei debiti tributari?

Trattamento dei crediti tributari e contributivi nell’ambito delle soluzioni concordate della crisi d’impresa in uno studio dei commercialisti

 

 

 

Il Codice della crisi d’impresa e d’insolvenza è entrato in vigore il 16 marzo, limitatamente ad alcune tematiche ed aspetti, mentre la parte più corposa avrà vigenza a decorrere dal 15 agosto 2020. Nel frattempo, persistendo l’applicazione degli istituti regolati dalla Legge fallimentare e in vista dell’operatività della disciplina transitoria, il 20 febbraio scorso il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, unitamente alla Fondazione Nazionale, ha diffuso un documento di ricerca sulla controversa tematica del trattamento dei crediti tributari nel concordato e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

 

Origine dei dubbi interpretativi e applicativi

Le incertezze sono insorte in occasione della Legge di Stabilità 2017 (art. 1, comma 81, della L. n. 232/2016) che aveva novellato l’art. 182 ter della Legge Fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) recante la disciplina del trattamento dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie, nel concordato preventivo e nell’ambito delle trattative che precedono la stipulazione dell’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182 bis L.F. La rinnovata disciplina, fin dall’esordio, si era manifestata ambigua, così originando una serie di questioni nell’ambito delle fattispecie di concordato ed accordi di ristrutturazione e, più propriamente, in ordine al trattamento dei crediti tributari e contributivi.

I rappresentati dubbi interpretativi avevano reso difficoltosa la gestione delle proposte di concordato e dei piani di risanamento i quali, omettendo il ricorso alla transazione, prevedevano solamente la parziale soddisfazione dei debiti fiscali e contributivi. A ciò si aggiunga che, una pronuncia resa a livello europeo (Corte di Giustizia Ue del 7 aprile 2016), aveva fatto emergere, ulteriormente, in capo agli operatori del settore, l’esigenza di disporre di chiarimenti applicativi.

 

Fonti di chiarimento

Pertanto, le differenti problematiche emergenti dall’ermeneutica, come pure dall’operatività pratica dell’articolo 182 ter L.F., sono state oggetto di risposte a diversi livelli:

  • Dapprima veniva emanata la Circolare 23 luglio 2018, n. 16/E, ad opera dell’Agenzia delle Entrate.
  • In seguito la tematica era stata esaminata e ulteriormente legiferata in occasione dell’emanazione del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, la cui applicazione risulta tuttavia rimandata all’agosto 2020.
  • Da ultimo è intercorso il documento di ricerca titolato “Il trattamento dei crediti tributari nel concordato e negli accordi di ristrutturazione dei debiti”, emanato da CNDCEC e FNC il 20 febbraio scorso.

 

Dubbi superati

Dall’esame delle sopraelencate fonti consegue che:

  • dalla facoltatività del ricorso previsto dalla previgente versione normativa dell’art. 182 ter L.F. si è approdati ad un istituto giuridico obbligatorio, destinato a trovare applicazione in ogni ipotesi ove si ravvisi la sussistenza, tra le passività da soddisfare attraverso un concordato, di crediti tributari o contributivi;
  • risulta espunto, nell’ambito del concordato preventivo, ogni riferimento alla determinazione amministrativa di aderire o meno alla domanda di transazione;
  • non è più previsto che la chiusura del procedimento di concordato, in virtù di quanto disposto dall’art. 181 L.F., determini la cessazione della materia del contendere per le controversie aventi ad oggetto i crediti tributari e contributivi.

 

Il Trattamento dei crediti tributari e contributivi nel nuovo Codice

L’articolo 88 del D. Lgs. n. 14 del 2019 disciplina la tematica de qua in modo completo e organico, scandendo, in ben cinque commi, le differenti fasi.

 

Come anche evidenziato nella Relazione Illustrativa al Codice della crisi e dell’insolvenza, il relativo art. 88 non si discosta dalla formulazione dell’art. 182 ter L.F. introdotta con l’art. 1, comma 81, della L. 11 dicembre 2016 n. 232. Più in dettaglio, in merito alla struttura dell’articolo 88:

  • “Con il piano di concordato il debitore, esclusivamente mediante proposta presentata ai sensi del presente articolo, può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, se il piano ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicato nella relazione di un professionista indipendente. Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. Se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, anche a seguito di degradazione per incapienza, il trattamento non può essere differenziato rispetto a quello degli altri crediti chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei crediti rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.
  • L’attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti fiscali e previdenziali, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale.
  • Copia della proposta e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente agente della riscossione e all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo fino alla data di presentazione della domanda. L’agente della riscossione, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L’ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni e alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente a una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento, ancorché non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché dai ruoli vistati, ma non ancora consegnati all’agente della riscossione. Dopo la nomina del commissario giudiziale copia dell’avviso di irregolarità e delle certificazioni deve essergli trasmessa per gli adempimenti previsti dagli articoli 105, comma 1, e 106. In particolare, per i tributi amministrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, l’ufficio competente a ricevere copia della domanda con la relativa documentazione prevista al primo periodo, nonché a rilasciare la certificazione di cui al terzo periodo, si identifica con l’ufficio che ha notificato al debitore gli atti di accertamento.
  • Relativamente al credito tributario chirografario complessivo, il voto sulla proposta concordataria è espresso dall’ufficio, previo parere conforme della competente direzione regionale.
  • Il voto è espresso dall’agente della riscossione limitatamente agli oneri di riscossione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112”.

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Fisco e Tasse